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dono per l'umanità: dobbiamo perciò far sı̀ che i vantaggi che esse offrono
e diventiamo più plenamente umani. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati
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siastici. Non è questo il momento per tracciare un bilancio, ma è davanti agli
occhi di tutti il dato di fatto di un problema che continua ad essere di grande
attualità. In alcuni casi si può purtroppo avvertire ancora viva l'esigenza di
cui parlava il mio venerato Predecessore: quella di preservare la comunità
ecclesiale « dallo scandalo di vedere in pratica distrutto il valore del matri-
monio cristiano dal moltiplicarsi esagerato e quasi automatico delle dichia-
razioni di nullità, in caso di fallimento del matrimonio, sotto il pretesto di una
qualche immaturità o debolezza psichica del contraente ».3
Nel nostro odierno incontro mi preme richiamare l'attenzione degli ope-
ratori del diritto sull'esigenza di trattare le cause con la doverosa profondità
richiesta dal ministero di verità e di carità che è proprio della Rota Romana.
All'esigenza del rigore procedurale, infatti, le summenzionate allocuzioni, in
base ai principi dell'antropologia cristiana, forniscono i criteri di fondo non
solo per il vaglio delle perizie psichiatriche e psicologiche, ma anche per la
stessa definizione giudiziale delle cause. Al riguardo, è opportuno ricordare
ancora alcune distinzioni che tracciano la linea di demarcazione innanzitutto
tra « una maturità psichica che sarebbe il punto d'arrivo dello sviluppo uma-
no », e « la maturità canonica, che è invece il punto minimo di partenza per la
validità del matrimonio »; 4 in secondo luogo, tra incapacità e difficoltà, in
quanto « solo l'incapacità, e non già la difficoltà a prestare il consenso e a
realizzare una vera comunità di vita e di amore, rende nullo il matrimonio »; 5
in terzo luogo, tra la dimensione canonistica della normalità, che ispirandosi
alla visione integrale della persona umana, « comprende anche moderate for-
me di difficoltà psicologica », e la dimensione clinica che esclude dal concetto
di essa ogni limitazione di maturità e « ogni forma di psicopatologia »; 6 infine,
tra la « capacità minima sufficiente per un valido consenso » e la capacità
idealizzata « di una plena maturità in ordine ad una vita coniugale felice ».7
Atteso poi il coinvolgimento delle facoltà intellettive e volitive nella for-
mazione del consenso matrimoniale, il Papa Giovanni Paolo II, nel menzio-
nato intervento del 5 febbraio 1987, riaffermava il principio secondo cui una
vera incapacità « è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia
che, comunque si voglia definire, deve intaccare sostanzialmente le capacità
3 Allocuzione alla Rota Romana, 5.2.1987, cit., n. 9, p. 1458. 4 Ibid., n. 6, p. 1457. 5 Ibid., n. 7, p. 1457. 6 Allocuzione alla Rota Romana, 25.1.1988, cit., n. 5, p. 1181. 7 Ibid., n. 9, p. 1183.